giovedì 22 ottobre 2015

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel tuo mondo

Negli ultimi 14 mesi sono stata protagonista di un curioso esperimento sociale, da me iniziato non volontariamente ma che mi ha dato molti spunti di riflessione.


Con tutte le limitazioni del caso dovute all'ambiente particolare o alla piccolissima fetta di popolazione "presa in considerazione", quello che ne è uscito fuori non è decisamente confortante. O forse, si.

Dopo tutti questi mesi, sono arrivata a prendere seriamente in considerazione l'idea che non bastano l'esempio, le intenzioni o le azioni di un singolo individuo, per cambiare il mondo.
Non è un'ammissione di sconfitta, ma una constatazione che, come dicevo prima, mi darà modo di riflettere, ma soprattutto di indirizzare i miei sforzi verso obiettivi più personali e concreti. Ed è anche molto liberatoria, a ben vedere.

Cominciamo dall'inizio...

Ad aprile 2012 sono stata allocata per una "lunga degenza lavorativa" presso un cliente prestigioso.
Talmente prestigioso da costringere i consulenti plurireferienziati messi a loro disposizione a bivaccare in stanzoni privi di luce e aria naturali, con conseguenze più o meno serie che vanno da cervicalgie e dolori muscolari cronici a polmoniti causati da inadeguata aerazione delle stanze, a danni a carico della vista per la scorretta illuminazione. Passando per problematiche posturali, inquinamenti presunti dell'acqua (si è parlato ad un certo punto di legionella) eccetera.

Un luogo deprimente, che decisamente altera l'umore di chi vi abita numerose ore al giorno, tanto da rendere gli occupanti se non ostili gli uni con gli altri, abbastanza estranei e indifferenti tra di loro.  O, dall'altro lato, a esasperare certi comportamenti, neanche fossimo rinchiusi dentro la casa del grande fratello (*)

Dopo un lunghissimo periodo piuttosto cupo, e complice una delle poche colleghe che questa stanza di 30 persone ospita (al momento 3/4 donne su 30), diversi mesi fa abbiamo  iniziato a comportarci in maniera diversa rispetto al problema ambientale.
Lei ha iniziato a raccogliere fiori di lavanda dal giardino e portarli in stanza, e io l'ho seguita a ruota. Dopo un lungo periodo a fiori, ci è venuta l'idea di tentare di abbellire questa caverna delle streghe.

Ho comprato inizialmente tre vasetti di piante, due me le sono tenute io e una l'ho regalata alla collega. Poi, altri due vasetti, da distribuire ad altri compagni di sventura.
Una delle mie piantine, mi è stata espressamente richiesta da un altro collega, che voleva qualcosa di bello da guardare quando staccava gli occhi dal pc. Ovviamente, lo stesso non ha mai fatto altro per contribuire a questo tentativo di cambiamento, anzi...
Poi sono arrivate altre piantine, a ornare altre scrivanie. Ma sempre per iniziativa delle stesse due o tre persone.

Avevo già iniziato ad "organizzare eventi", coinvolgendo tutti in date particolari: picnic di pasqua e natale, da consumare in loco. 
Ho continuato la mia opera compiendo piccoli o grandi gesti di gentilezza, portando colazioni o riempiendo cassetti di caramelle, senza pensare di aspettarmi qualcosa in cambio.

Ma, come accade in tutti gli esperimenti, esiste il momento in cui si chiude il laboratorio e si documentano i risultati.

Ho notato che il ritorno in termini di "contaminazione" al buon esempio è stato abbastanza povero: la risposta maggiore l'ho avuta dalle donne della stanza, che hanno contribuito alla mia (nostra) iniziativa.
Da parte dei colleghi di sesso maschile, ho riscontrato una leggera partecipazione attiva/reattiva nel momento in cui si è trattato di contribuire a determinati eventi piuttosto che a rimpinguare il cassetto delle caramelle.
Uno in particolare, ha sempre contribuito a tenere "alto il livello".
Ma non c'è mai stato un minimo di iniziativa personale nel momento in cui le "caramelle" che portavo sono finite. Anche quell'unico si è arreso, complice la nostra prossima dipartita.
Di contro, è capitato rarissimamente (se non mai) che qualcuno abbia avuto la lontana intenzione di organizzare a sua volta un "picnic" piuttosto che portare una merenda o quant'altro.
Anzi... nel momento in cui a qualcuno è saltata in mente l'idea di far qualcosa, si è rivolto a me, scaricandomi l'onere dell'organizzazione.
Come se i ruoli di ognuno di noi all'interno di un qualsiasi insediamento o gruppo, fossero fissi e mai intercambiabili. Come se, assegnata un'etichetta ad una persona, la stessa fosse schiava e detentrice assoluta di quel compito o di quell'immagine.

Il tentativo di "cambiare il mondo", quel mondo, è fallito. Prossimi al cambio di guardia, siamo forse tutti abbastanza demotivati e con le pile scariche per cercare di compiere gentilezze o anche solo pensarci. Ma prima? 
Se guardassi l'esperimento da un punto di vista personale, o se mi fossi aspettata qualcosa  in cambio delle mie azioni, sarebbe stata una durissima lezione. 

Ci sono stati dei risultati, ovviamente da me interpretati come più mi pare e piace, e in questo sono confortata dalla fisica quantistica e dalle migliaia di studi che confutano e si smentiscono gli uni con gli altri e che attribuiscono gli esiti di un test dipendenti anche dalla variabile osservatore.

E l'interpretazione che ho dato è che, per quanto possa essere forte la spinta che ci induce ad agire e portare avanti il cambiamento, dobbiamo sempre fare i conti con il materiale umano che abbiamo davanti a noi.
Dobbiamo comprenderne le intenzioni, i desideri, la voglia di andare (se c'è) nella nostra stessa direzione o ad un certo punto di deviare, i limiti e l'interesse che hanno nei confronti di talune tematiche piuttosto che di altre.
Da molto ormai non sono d'accordo con chi, più illuminato di me, dice "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". L'unico cambiamento fattibile, assolutamente raggiungibile e che deve esulare da qualsiasi altro tipo di ritorno esterno, è il nostro personale cambiamento.
Questo cambiamento, questa spinta al rinnovo personale, non ha niente a che vedere con il mondo esterno, ma con il nostro personale mondo. Non è un invito all'individualismo, quanto piuttosto a constatare che, dove non ci sono i presupposti per creare, è bene seguire un'altra strada.

La famosa frase, rivista e corretta, sarebbe questa, per me "sii il cambiamento che vuoi vedere nel tuo mondo".
Molto più raggiungibile dell'altra, senza dubbio.





(*) scusate la citazione trash, ma confesso che a suo tempo vidi la prima stagione di questo show e mi è rimasto impresso.


3 commenti:

  1. Che storia...ma almeno grazie lo dicevano? Comunque questo aiuta a dare incondizionatamente...semina e poi i semi vivi prima o poi germoglieranno 😘 Stefania

    RispondiElimina
  2. Un grazie non si nega a nessuno, per fortuna.
    E hai ragione, la similitudine con i semi è molto adeguata :-D

    RispondiElimina
  3. Corretta interpretazione: "per quanto possa essere forte la spinta che ci induce ad agire e portare avanti il cambiamento, dobbiamo sempre fare i conti con il materiale umano che abbiamo davanti a noi." Esatto. C'è la puntata di un vecchio telefilm in cui una delle protagoniste vuole fare amicizia con i vicini di casa e vivere in un palazzo in cui la gente si conosce. Comincia ad appendere fuori dalla porta un cestino con dei dolci fatti da lei e l'invito a servirsi. Ogni volta che tenta di instaurare un dialogo, la cosa si riduce solo a "altri dolci". Così lei persevera e alla fine, distrutta, si ritrova a sfornare dolci come una fabbrica, per soddisfare i bisogni dei vicini accampati fuori dalla sua porta, i quali non hanno nemmeno memorizzato il suo nome, lei è "quella dei dolci". Una puntata molto istruttiva e molto vera sulle dinamiche sociali :) E infine... come dice la nosta amica Stefania, non è che ci dobbiamo salvare tutti... si salva chi vuole farlo e se ne interessa.

    RispondiElimina