lunedì 21 settembre 2015

Chi si ferma è perduto

Mai come negli ultimi mesi, il mio corpo mi ha dato una serie di segnali volti tutti nella stessa direzione: muoviti, muoviti, muoviti.

A ottobre scorso ho ricominciato a fare sport con la prepugilistica, poi mi sono comprata il tappeto elastico, e incredibilmente, i segnali di dolore insofferenza alla sedentarietà e acciacchi vari, si sono acuiti e moltiplicati.
Si sono acuiti per due motivi: il primo è che sono stata troppo tempo ferma senza fare nulla di consistente. Il secondo motivo, è che quando ricominci a muovere il tuo corpo, riesci a percepire e interpretare correttamente quei segnali che prima ti passavano semplicemente davanti agli occhi senza essere colti, avvolti da una coltre di indefinitibile senso di essere entrato nel club degli "acciacchi della mezza età".
Quest'estate, quindi, non mi sono fatta mancare una pesantezza di gambe davvero... pesante, proprio come quella delle matrone di una volta. E, di certo, la mia schiena si è risentita di non avere più le dovute attenzioni, pertanto ha iniziato a fare le bizze; tutta la colonna, in realtà, dalla prima vertebra cervicale (coinvolgendo anche l'atlante) fino al coccige, propagandosi per le gambe e arrivando fino ai metatarsi, è stato tutto un manifestarsi di dolori e disagi.

Nella meditazione vipassana, quando sei all'inizio dell'avventura, hai tutta una serie di distrazioni che il cervello mette in atto per fuggire dal "qui e ora": sei seduto e ti comincia a prudere il naso o ti viene un crampo, stai lì a meditare e ti viene in mente che non hai spento il gas, ti concentri sul respiro e improvvisamente inizi a tossire... Tutto pur di non uscire dagli schemi automatici al quale è abituato (il cervello) e finalmente fare qualcosa di diverso.
In poche parole, cerchiamo di sabotarci.
Lo stesso, quando si inizia a muoversi: si presentano alla nostra porta dolori di trent'anni fa, contratture dimenticate, acuirsi di sintomi cronici.  E' ovvio che se abbiamo patologie o sospettiamo di aver esagerato con le flessioni, sarebbe da pazzi trascurare il tutto e continuare imperterriti a fare movimento.
In questo caso, farsi seguire da un professionista che conosce le nostre problematiche, ci risparmierà guai seri.
Per tutti gli altri, quali che siano i tentativi di fuga che cervello e corpo mettono in atto, l'imperativo è solo uno: movimento.
Di recente, ho visto un simpatico video sui danni della sedentarietà.
Il titolo dell'articolo declamava "Perchè la sedentarierà è il nuovo fumare", ad indicare che il nuovo fronte di battaglia della nostra salute si è spostato dall'abitudine dannosa di introdurre nei polmoni sostanze tossiche, a quella altrettanto dannosa di immobilizzare arti e organi interni.

"I nostri corpi siedono per molto più tempo di quanto non ne passino in movimento. E, semplicemente, non sono stati progettati per una esistenza sedentaria", dice il video, che vi invito a guardare:


"Pertanto, se ogni centimetro del nostro corpo è pronto per e in attesa di muoversi, cosa succede quando non lo fa?"

Alcuni studi, ripresi in un articolo del New York Times nel 2014, arrivano addirittura ad affermare
"... più ore le persone rimangono sedute, più aumentano le probabilità di contrarre diabete, sviluppare malattie cardiache e altro, e potenzialmente morire prematuramente - anche se le stesse persone praticano regolare esercizio fisico"  (http://well.blogs.nytimes.com/2014/09/17/sit-less-live-longer/?_r=0)

Questa alza di molto l'asticella dell'importanza del movimento, perchè ci spinge a pensare (ragionevolmente) che non è sufficiente praticare uno sport assiduamente per qualche ora a settimana, per scongiurare qualsiasi tipo di malattia occidentale (= causata dalla sedentarietà).
In definitiva, e in pratica (molta pratica), l'imperativo è: meno seduti, più sudati.

Paradossalmente, potremmo arrivare a pensare che l'esercito di impiegati da ufficio (si, proprio quelli seduti in cubicoli ristretti o in enormi capannoni, proprio come i polli allevati in batteria o "a terra"), è soggetto ad un rischio di sviluppare malattie professionali più alto rispetto ai poveretti che sono costretti in miniera, o che senza fare scomodi paragoni, diventeranno una razza in via di estinzione.

In questi mesi, il tam tam di notizie sui benefici del movimento si sta spargendo per il globo, qualsiasi rivista dedica almeno un trafiletto all'importanza di non soccombere alla sedia, e sembra che gli studi in merito siano in crescita. E sembra, anche, che tutti sostengano che stare fermi accorcia la vita.
Davvero la scoperta dell'acqua calda, ma se i mass media sono riusciti a convincere nel corso dei decenni le persone di moltissime idee strampalate, perché non dargli ascolto anche questa volta?

L'imperativo che ognuno di noi dovrebbe stamparsi nella coscienza, è quello di muoversi il più possibile e non arrendersi ai primi acciacchi. Almeno tre ore al giorno, anche spalmate durante la giornata, e non necessariamente esercizi spossanti: basta camminare, allungarsi, camminare, fare delle torsioni, camminare, piegarsi e distendersi, camminare.

Chi si ferma è perduto, e cade malato.


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