lunedì 19 agosto 2013

Lo strano caso della borsetta negata a mezzogiorno

E' un caso che ha angosciato per almeno una settimana l'intera popolazione mondiale che si dedica abitualmente a farsi gli affari degli altri invece che i propri.


Si è gridato al razzismo, allo scandalo, si sono lanciati strali contro l'incompetenza professionale della commessa che avrebbe compiuto il fattaccio, i giornali ne hanno fatto un caso (quasi) da prima pagina...


Addirittura l'ente svizzero del turismo è intervenuto chiedendo la testa della povera malcapitata e presentando ossequiose scuse alla rana dalla bocca larga che, molto signorilmente, avrebbe fatto più bella figura a starsi zitta una volta tanto.


Qualora qualcuno su questo lato del globo ancora non sapesse, Oprah Winfrey ha raccontato di essere stata vittima di un episodio di razzismo quando, entrata in una boutique di lusso, avrebbe chiesto di vedere una borsetta da 29.000 euro circa e la commessa si sarebbe rifiutata.


Al di là dell'inutilità di tanto clamore e del falso perbenismo che pervade la gente che si scandalizza per la "povera" Winfrey, ci fosse stata una testata o una testa pensante che ha fatto commenti sul prezzo della borsetta. Che era di coccodrillo e che, per l'appunto, costava 29.000 euro.


Il rispetto per le persone deve essere il medesimo sia se abbiamo di fronte un senzatetto che la persona più ricca del mondo, ma avrei empatizzato molto di più con la signora Winfrey se fosse caduta in terra e nessuno le avesse prestato soccorso.


Invece, con il simpatico episodio di una borsa oscenamente cara e crudelmente (in)utile (ditemi voi che bisogno c'è di scuoiare un coccodrillo per farne borse), la famosa riccona d'oltreoceano ha voluto:


1) creare un caso mediatico sul quale ci ricamerà per almeno tre mesi


2) evidenziare il suo status sociale sottolineando che lei può permettersi ben altro che una robina con quel misero prezzo (se lo ricordino tutti quelli che hanno gridato allo scandalo e guadagnano 1000 euri al mese)


3) far presente che lei è una persona di colore e che nella vecchia Europa c'è ancora chi discrimina i neri.  Cara signora, in Europa si discrimina chiunque, stia tranquilla che nel caso sarebbe stata in buona compagnia.


La classe e la signorilità  non sono acqua, e non bastano tutti i soldi di questo mondo per ottenerla, altro che borsetta di pelle!


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giovedì 8 agosto 2013

I superfoods e la discriminazione sociale

Rieccoci qui, dopo tre mesi di latitanza dal blog.


Riprendo il discorso degli integratori e dei supercibi perchè mai come in questo c'è una massiccia campagna marketing intorno a questo novello filone d'oro.


Basta andare sul web e cercare una a caso tra tante paroline magiche per vedere quante offerte ci sono e quanto miracolosi siano gli effetti di questi prodotti; così, tanto per citarne alcuni, possiamo parlare di Acai, moringa, chetoni di lamponi, caffè verde, mango africano, goji, mangostano, chia...


Tutti frutti (o semi o bacche) dalle favolose proprietà salutari e perchè no, anche salvifiche.


C'è, però, qualche problema in questa rincorsa al cibo migliore del pianeta.



  • Il primo, da non sottovalutare assolutamente, è quello della discriminazione sociale: questi supercibi costano tanto, tantissimo. Spesso arrivano dall'altra parte del mondo, e tra mille intermediazioni arriva sulle nostre tavole a prezzi decuplicati rispetto al costo originario. Capita così di cercare sul web un modo per disintossicarsi in maniera naturale o per ricaricarsi di vitamine "buone" e di scontrarsi con la dura realtà del costo troppo elevato. Per fare un esempio (uno solo), la polvere di Acai viene venduta al modico prezzo di 14 euro per 65 grammi, e non è neanche il prezzo più assurdo che mi è capitato di individuare.


Così, mentre una piccola rappresentanza del nostro pianeta potrà permettersi di beneficiare di questi fantastici prodotti senza doversi preoccupare di arrivare a fine mese con i soldi contati, il resto delle persone dovrà fare grandi sacrifici economici per provare ciò.


Se c'è una cosa che però ho imparato, è che la salute e il benessere dovrebbero essere a portata di tutti, non di pochi. E se un alimento è davvero efficace, limitatamente alla sua produzione su scala mondiale e a dazi, tasse e balzelli vari, lo si deve rendere di facile accesso (o acquisto). Altrimenti diventa moda, elìte, discriminazione.



  • Il secondo problema è che ogni anno le ditte che vendono supercibi (o integratori o altro), tirano fuori dal cilindro l'asso della manica che farà loro mantenere il fatturato alto per i successivi 12 mesi. E' il caso dei chetoni di lampone che quest'estate hanno invaso l' Italia (e da 14 mesi circa il resto del mondo occidentale) e che pare vadano per la maggiore come miracolo dimagrante dell'anno. Oppure, del Caffè verde spacciato come risoluzione definitiva e assoluta novità dimagrante mentre in Sud America e nel Sud Est Asiatico le donne lo usano da decenni  (pare con discreti risultati ma ricordate sempre che di caffeina si tratta)


Così, siamo bombardati da ogni parte di informazioni circa l'ennesimo prodotto superultrafantaefficace che non ha niente a che vedere con quelli degli anni passati perchè questo è la soluzione definitiva. A tutto.


E noi cadiamo nella loro rete, schiavi della moda e dei bilanci aziendali, rischiando di perderci quei frutti (o semi o bacche) che davvero, perle rare tra milioni di biglie di plastica, possono apportarci notevoli benefici.


In ogni caso, io diffido sempre dall'integratore che costa uno sproposito: se non si hanno problemi di salute, perchè buttare i soldi nel cesso quando con 10 euro si può andare al mercato ortofrutticolo e fare il pieno di vitamine, minerali e antiossidanti?



  • E qui veniamo all'ultimo punto: molti di questi superfoods ritenuti tali in occidente sono semplicissimi cibi con ottime proprietà nei loro paesi di origine. Ma invece di consumare i prodotti di casa nostra, così familiari e ormai scontati, preferiamo rivolgerci alle proprietà un pochino misteriose del prodotto esotico che tanto ci attira.   Ripeto: molti prodotti come ad esempio le bacche di goji sono ricchissime di nutrienti e hanno uno spiccato potere antiossidante. Ma provate voi a mangiare 100 grammi di bacche di goji in un giorno, se ci riuscite, o invece a mangiare 300 grammi di semi di melograno piuttosto che una ricchissima spremuta di 3/4 arance (nella loro stagione) due volte al giorno.


Oltre ad accorgervi che 100 grammi potrebbero costarvi almeno 6 euro, contro i 2 di 1,5 kg di arance o di un bel melograno, vi accorgerete che 100 grammi di bacche vi inchioderebbero al wc per un'intera giornata.


Quindi, ben vengano i cibi esotici dalle spiccate caratteristiche nutrizionali, ma attenti alle comparazioni ingannevoli che tendono sempre a farne un prodotto miracoloso a scapito di ciò che abbiamo già a disposizione quotidianamente e a buon prezzo.


 


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