giovedì 26 febbraio 2009

Quando Babbo Natale era uno sciamano

image_book.gifHo appena finito di leggere questo interessantissimo libro;
Mi aspettavo un testo completamente diverso, complice la mia totale ignoranza sull'argomento, in realtà è stato un viaggio alle origini dell'umanità.
Babbo Natale così come lo vediamo oggi è una rivisitazione recente, frutto di un espediente pubblicitario della Coca Cola per aggirare una norma che vietava all'epoca di vendere un prodotto definito "medicinale" ai bambini.
Così, per evitare di incorrere nella censura ma indurre le famiglie a ritenere la scura bevanda un prodotto per tutti, un artista/grafico dell'epoca creò un simpatico, abbondante e bonario signore vestito di rosso, e insieme a lui creò sia le renne che la spinta consumistica che tutti noi conosciamo oggi.
Ma l'odierno babbo natale in realtà non è altro che un lontano fantasma del personaggio mitologico che ci portiamo appresso da almeno diecimila anni: attraverso uno scorrevole discorso antropologico, l'autore ci accompagna a "visitare" gli antichi clan degli uomini preistorici e focalizza la nostra attenzione su una figura importante per il clan, colui che parla con gli dei e che prevede il sorgere del sole, lo sciamano.
L'antenato di babbo natale sarebbe proprio lui, o lei, dal momento che i nostri illuminati antenati non facevano distinzioni sessuali su chi potesse essere la guida spirituale per loro; altro fatto interessante è la formazione di quelle celebrazioni che, nate per favorire, festeggiare, celebrare eventi come la rinascita del sole (per le popolazioni nordiche che lo vedevano morire per qualche mese) o il ritorno alla fertilità della terra dopo un giusto sonno, sono arrivate a noi da diverse civiltà sotto forma di miti, religioni, narrazioni che si tramandano dalla notte dei secoli.
Così, senza troppe difficoltà, scopriamo che in realtà il 25 dicembre non rappresenta solo la nascita del Cristo, ma un insieme di feste e ricorrenze fondamentali per l'umanità passata e che noi abbiamo completamente rimosso per sostituirle con la celebrazione massima del consumismo.
Il 25 dicembre rappresenta una nascita, una rinascita; per i cristiani riguarda il messia, per gli antichi fedeli di Mitra rappresentava il giorno della nascita del loro dio Mitra, detto anche Sol Invictus, ma anche il ritorno del Dio sole e della sua vittoria sulle tenebre.
Per gli uomini antichi, legati strettamente alla natura, la data variava (ovviamente non avevano il calendario) in corrispondenza del ritorno del sole e del graduale aumento delle ore di luce durante le giornate. Era un momento di rinascita quindi, celebrato e invocato (invictus) dagli sciamani (che in ordine sparso nel tempo si sono chiamati herne, la befana, stregoni, streghe, babbo natale); per questo motivo ci sono arrivate date importanti che si chiamano in tanti modi nelle diverse zone in cui ci si trovava.
Per questo motivo, la stessa o le stesse celebrazioni solari sono poi diventate nel tempo Halloween, ognissanti, Natale, l'epifania, eccetera... Tutti eventi legati ad una stessa "causa". E spesso  a queste celebrazioni/feste si consumava un sacrificio, che col tempo si è "ridotto" ad ardere un albero sacro. Proprio per questo noi oggi, seppur involontariamente ricordiamo il sacro fuoco che arde sul sacro albero, portando nelle nostre case un abete e addobbandolo con cotillon e tante luci.
Ma per tornare al nostro eroe, cosa c'entra Babbo Natale con tutto questo? Nel corso dei millenni lo sciamano si è trasformato, magari diventando un druido, una vecchia saggia, un sacerdote, e si è via via trasformato in un simbolo, per molto tempo rappresentanto da un essere che rappresentava tutto ciò che è vita (luce, buio, uomo, donna, sesso, amore, rinascita, nascita, morte). Strada facendo forse si è perso il ruolo che gli competeva, di celebrante e portatore di conoscenza, per accantonarlo in ruoli secondari che però sono sempre rimasti nelle culture di molti popoli e che poi ogni tanto riappaiono come per incanto.
Il vecchio sciamano è stato sostituito da strutture religiose imponenti, da miti e dei che in parte ha contribuito a creare, da santi ed eroi, ma la sua scintilla vitale rimane comunque nel nostro DNA.
Per questo motivo, senza passare alla storia recente che vede Santa Claus come erede di San Nicola (l'autore spiega che non è esattamente così), Babbo Natale e la festa che porta dovrebbero essere celebrate come i nostri antenati si aspetterebbero che facessimo: con rispetto verso la madre terra, con gioia e libertà, con un ritorno a origini che qualcuno non considera nobili ma che potrebbero darci una chiave di lettura di chi siamo e perchè siamo "in questa valle di lacrime".
Ebbene, vista in quest'ottica la festa di Natale mi pare davvero tanto bella e distante anni luce da quella fiera del regalo che oggi è.

lunedì 16 febbraio 2009

A piede... libero

Mi capita spesso di sentirmi un pesce fuor d'acqua quando, davanti a donne con stiletti di almeno dieci centimetri, io mi presento con le mie scarpe da ginnastica comode e basse. Mi capita anche di sentir dire che indossare calze a rete e tacchi assassini sia una manifestazione di estrema sensualità per una donna, ma io e i miei piedi a papera non ci sentiamo meno sensuali solo perchè indossiamo calzini e scarpe basse.

Ho inoltre, ma l'ho sempre avuta, la forte esigenza di camminare scalza per casa, e quando posso per le strade delle città di mare.

Per questo, la mia "ricerca" di oggi verterà proprio sul piede e sulla necessità che tutti abbiamo di camminare scalzi.

 Brevi cenni anatomo-fisiologici:

- Le ossa costituenti il piede sono 28, un meccanismo perfetto di ossetti e ossicini che si incastrano e si integrano.

- il piede si muove grazie a  e per mezzo di 13 articolazioni

- le articolazioni sono attivate da un consistente numero di legamenti, 15, e alcuni di essi partono dalla tibia e dal perone

- i muscoli coinvolti nel movimento del piede sono 21, alcuni dei quali partono dal ginocchio.

- il piede, attraverso il fitto reticolo vascolare, funge da pompa venosa e consente ad ogni passo il corretto flusso verso l'alto del sangue. Ne consegue che camminare in maniera costretta o sbagliata causa problemi di tipo circolatorio/linfatico e provoca accumuli di liquidi stagnanti (e anche cellulite)

- il piede è anche essenziale per recepire i segnali del terreno, misura le asperità, gli ostacoli, e ci comunica insieme agli occhi che tipo di sforzo fare per affrontare la strada davanti a noi.

Fatta questa premessa, ci sembrerebbe spontaneo capire che tutto questo ben di Dio è stato fatto per essere utilizzato al meglio e per garantirci una corretta circolazione ... ma quale meglio gli assicuriamo quotidianamente?

 

E' evidente che un piede costretto in tomaie più piccole della pianta non ha lo spazio per  il giusto appoggio, così come è evidente che il tacco alto spinge il baricentro innaturalmente in avanti ma soprattutto sposta tutto il peso sull'avampiede, senza quell'alternanza indispensabile per il corretto funzionamento della pompa venosa. E' chiaro poi che scarpe dure, con suole molto alte, ci impediscono di avere la giusta sensibilità per evitare di inciampare su un gradino o di cadere se calpestiamo un sassolino; vi è mai successo di inciampare con scarpe eccessivamente rigide?

E' anche logico poi, che le articolazioni, i legamenti, le ossa e i muscoli coinvolti si irrigidiscano e non lavorino più nel modo in cui erano "programmati" per via genetica e attraverso millenni di adattamento; capità così che, alla fine di una giornata nella quale abbiamo indossato stivali fascianti e magari anche alti, ci si senta le caviglie immobili, e dolenti e rigidi  fino ai muscoli glutei. Un caso, forse? No, sono le scarpe che ci costringono a posizioni innaturali... è come se avessimo costretto il nostro apparato motorio in un busto.

E pensare che quando si cammina scalzi il piede dovrebbe espandersi nelle dita, elevarsi sull'avampiede, e molleggiare tornando a terra. Tutto questo, con le scarpe, non ci è consentito: costretti in scarpe che impediscono alle dita di aprirsi, all'avampiede di salire, al tallone di ammortizzare, camminiamo come tanti robottini (o distorciamo la nostra postura per simulare una camminata sexy) usando il piede come se fosse una fetta di pane tostato, per nulla flessibile, tutta d'un pezzo e a rischio di spezzarsi.

Abbiamo mai provato ad esercitare i nostri piedi? Quanti di noi sono in grado di muovere le dita in maniera autonoma le une dalle altre, come se stessimo muovendo quelle delle mani, come fanno i bambini appena nati? Riusciamo a fargli fare tutti i movimenti (torsioni, flessioni, rotazioni) con fluidità e senza doloretti?

Pare che questi esercizi siano fondamentali per il corretto funzionamento fisiologico dell'apparato, e che dovremmo reimparare a muovere piedi che nella loro rigidità hanno perso i loro movimenti naturali.
E qui arriviamo al punto: l'esercizio migliore in assoluto è quello di camminare scalzi, ma non in posti qualsiasi, bensì in ambienti irregolari, con microasperità, dossetti, sassolini, "sabbie mobili". E l'esercizio più efficace sarebbe quello di camminare su un prato, stare a contatto con la terra per consentire al corpo di scaricare le energie negative (e l'elettrostaticità accumulata) e ricaricarci dell'energia della terra.
Il piede in questo modo riprende il suo ruolo fisiologico di secondo cuore e quello ancestrale di porta attraverso la quale fluisce il nutrimento della madre terra. E' un modo per riappropriarci delle nostre origini, per radicare (o piantare) i nostri piedi bene in terra; è per questo una pratica che va oltre la funzionalità fisica, ma ci permette di riequilibrarci e di tentare di capire chi siamo da dove veniamo. Per capire dove stiamo andando, beh.. questo lo sa solo il mago Othelma...
Molte persone, più di quelle che pensiamo, fanno del barefooting (camminare scalzi) un'abitudine quotidiana; camminano tranquillamente per la città, per i sentieri di montagna, e in qualsiasi altro luogo liberi da quella assurda costrizione che la nostra società ha eletto a tabù.
Sembra infatti che girare senza scarpe sia sconveniente, sia socialmente improponibile, e che i barefooters siano barboni o hippies che vogliono solo attirare l'attenzione.
Guardiamo con orrore ai loro piedi neri,che però una volta a casa verranno accuratamente puliti e saranno naturalmente privi di cattivi odori, e li deridiamo dall'alto delle nostre firmatissime e conciatissime calzature che, una volta a casa, toglieremo con sollievo spargendo nel frattempo una fragranza al camembert nell'ambiente.
Sembra che andare in giro senza scarpe sia addirittura peggiore di mostrare metri di culo con filetto o ettari di seni senza copertura: quello è permesso, i piedi no.
Sarebbe interessante capire perchè, dal momento che appena 60 anni fa i nostri nonni e genitori vivevano tranquillamente la maggior parte della loro giornata senza scarpe, che usavano solo per le occasioni significative, sarebbe interessante capire perchè nascondiamo i nostri piedi (completamente o parzialmente) alla vista del mondo.
Una risposta forse me l'ha data un'insegnante di Riflessoterapia Podalica: i piedi non mentono mai, guardando un piede si riesce a capire quasi tutto di un individuo, attitudini, pensieri, malanni. E, in un mondo fatto principalmente di apparenza, è dura mostrare chi siamo veramente.

lunedì 9 febbraio 2009

Mangiare è un atto...

Mi chiedevo in questi giorni se l'atto del mangiare sia un atto sociale o piuttosto un momento di profonda comunione con noi stessi.
Che fosse un atto agricolo, lo sapevamo da anni, ma secondo le mie elucubrazioni del fine settimana probabilmente usiamo troppo la scusa del cibo per creare aggregazione sociale.
Vogliamo godere della compagnia dei familiari? Ecco che prepariamo banchetti degni di matrimoni principeschi. Vogliamo incontrarci con degli amici? Ci vediamo al ristorante, dove tra una chiacchierata e l'altra e soprattutto grazie ad essa, ordiniamo e fagocitiamo distrattamente quantità di cibo che a casa non ci penseremmo mai di mangiare. Sulla qualità stenderei un velo pietoso...Oppure, ci si incontra dopocena, per rendere sociale anche l'atto del bere, ed ecco qui che tra la musica assordante che c'è nei locali e l'aria viziata che vi si respira, ci scoliamo fiumi di alcol e superalcolici.
Insomma, nella civiltà odierna mangiare e bere tutto sono tranne un momento di piena consapevolezza, del tempo da dedicare a noi stessi per nutrire il nostro corpo e la nostra mente. Eppure a pensarci bene è un gesto talmente intimo, è così esclusivo il rapporto tra il cibo e il nostro organismo che secondo me dovremmo consumare i pasti con il giusto pudore e l'adeguata concentrazione.
Io, per esempio, sono molto condizionata nel modo di mangiare dalle persone che ho intorno. Se ad esempio ci sono persone nervose, che ingoiano come sciacalli quello che hanno davanti, ho un forte senso di disagio, come se qualcuno mi stesse aggredendo. E infatti cerco anche io di velocizzare il processo, in modo da terminare in fretta un momento di puro malessere sociale.
Avrei bisogno quindi di tranquillità e tempo...
E invece no, se non vai a pranzo con i colleghi sei un asociale, si prende il cibo come scusa per incontrarsi, come se chiedere a un amico di vedersi in un giardino a chiacchierare possa essere considerato un atto esecrabile e di cui vergognarsi. Abbiamo talmente elevato il cibo a momento sociale da aver riempito le nostre città di ristoranti, pizzerie, pub, fiere della porchetta, e nel frattempo abbiamo eliminato tutti i luoghi d'incontro dove semplicemente sedersi e parlare. E mentre mangiamo, e buttiamo nel nostro intestino le tossine più varie, ci riempiamo la testa di rabbie, di gossip, di pensieri inquinanti.
Però a questo non c'è scampo, se non mangi (e quindi consumi) non sei autorizzato a transitare su questo mondo.

Dall'altra parte, questa attitudine sociale è stata prontamente recepita dalle grandi industrie alimentari che, con astute strategie di marketing degne delle più grandi battaglie del passato (gli piacerebbe...), ci propinano la peggio immondizia e le giuste distrazioni per ingurgitarla. Tante volte mi viene in mente l'immagine delle oche francesi destinate a "donare" il loro fegato per il mercato del foie gras: immobili, legate, con un tubo in gola per far sì che "mangino" e ingrassino il più in fretta possibile; ecco, noi siamo così, legati alla poltrona, bombardati dal tubo catodico (appiattito sugli LCD ma è sempre lì insidioso) che abbiamo attaccato alla testa e  che ci "nutre" e sovraccarica la mente di immagini che poi ci indurranno naturalmente a comprare, comprare, consumare, mangiare.
Consumare e mangiare, senza pensarci, senza che la coscienza alimentare ci sfiori mai nemmeno per un istante, indotti alla "realtà" che mangiare è un atto sociale, consumistico, aggregativo, societario.

Ma mai, e poi mai, la fonte prima della nostra salute o della nostra malattia.

martedì 3 febbraio 2009

O sole mio

Visto che ormai piove da eoni, volevo parlare di un argomento del quale sento in questo momento la forte mancanza: il Sole.

E quindi, in largo anticipo sulle vacanze estive, fare un ragionamento non scientifico ma assolutamente... umano, partendo da poche, semplici considerazioni.

Le ore di luce a disposizione di un organismo influiscono pesantemente sullo stesso: capita infatti che in inverno, quando non abbiamo la nostra scorta di "luce" quotidiana, ci si ritrovi un pò tristi, depressi, malaticci.

Il corpo ha bisogno di sole per fissare attraverso la pelle una vitamina indispensabile, la vitamina D . Ricordiamo  però che non può essere sintetizzata dall'organismo se si applicano creme solari con un fattore protettivo superiore a 8.

 

Solo questi due punti dovrebbero indurci ad agognare il più possibile la vita all'aria aperta, cercando (laddove le temperature e la decenza lo consentano) di rimanere il più scoperti possibile  e di godere dei benefici raggi del sole. Ma cosa c'è che non va?

Non va che il sole è gratis, che le multinazionali non ci guadagnano nulla a consigliarci bagni di sole e dolce far niente, è preferibile terrorizzare le persone e inculcargli l'idea che il sole è cancerogeno e che per preservarci dobbiamo comprare almeno due, tre differenti tipi di crema solare a stagione, meglio se di farmacia e costosa, sono le più efficaci!

Ma non solo, ci hanno inculcato l'idea folle (giustificata solo per chi ha particolari problemi) che anche in inverno dovremmo andare in giro schermati contro i pericolosissimi raggi solari invernali! Ma come, l'unico modo per far respirare il nostro corpo in inverno è attraverso la pelle del viso, e noi lo copriamo con quintali di trucco e schermi solari? Magari poi ci lamentiamo se abbiamo problemi alle ossa...

 E poi, dulcis in fundo, ci copriamo anche gli occhi con oscurantissimi occhiali da sole, ottenendo così l'agognato effetto cripta tanto caro al conte Dracula. Guadagno su guadagno: ti vendo solari, occhiali da sole, schermi totali ma per venirti incontro e consentirti di pavoneggiarti con gli amici tivendo pure il sole sintetico, che fa danni clamorosi all'organismo.

Ma torniamo a noi: dopo gli anni in cui "abbronzati" lo erano solo contadini e manovali, e per questo all'epoca risultava sconveniente apparire colorati, è esplosa la moda del corpo color del cioccolato, dell'ambra, della fettina di pancetta cotta. Da un eccesso all'altro insomma...

Abbiamo sì bisogno di sole, luce e aria, ma come sempre le cose andrebbero fatte con giudizio e, tranne per chi ancora lavora all'aria aperta, pochi e conosciutissimi accorgimenti potrebbero evitarci tanti danni e apportarci molti benefici; gli accorgimenti sono talmente conosciuti che ci vegogniamo a scriverli qui , vero (vi prego di tralasciare la prima parte apocalittica e di iniziare a leggere da Principali Norme di prevenzione)?

  Sfortunatamente molte persone, pur di andare in giro a dimostrare che riescono ad abbronzarsi come indigeni africani, rimangono ore e ore sotto il sole cocente, aggredendo di fatto la nostra povera pelle e gli strati sottostanti. "Ma uso la protezione", mi si potrebbe contestare...

Ricordate cosa è stato scritto prima? La protezione con fattore superiore a 8 impedisce la sintesi della vitamina D, come a dire che ti cuoci lo stesso e nemmeno trai il minimo beneficio.

Non solo, la maggior parte dei solari in commercio, anche quelli per bambini, contiene filtri chimici. La distinzione tra filtri chimici e fisici la trovate qui, ma vi basti sapere che da diverse fonti (e l'Australia sta conducendo all'uopo numerosi studi), emergono studi che stanno evidenziando la pericolosità dei solari a base chimica. Molto semplicisticamente, ma il web è ricco di spiegazioni, il solare con filtro chimico a "contatto" con il sole si surriscalderebbe (provocando anche la sensazione di aumento di temperatura) e modificherebbe le sue molecole, trasformandosi di fatto in "qualcosa" di non ben definito ma dannoso. I filtri chimici inoltre sembrano superare la barriera del derma, dal momento che tracce degli stessi si trovano addirittura nelle urine.

Pensiamo bene quindi a cosa andremo sulla pelle prima di fare un acquisto, ma pensiamo anche che non c'è atto più naturale che quello di godere dei benefici raggi del sole....  

 

 Per approfondire:

http://www.psichesoma.com/creme-solari-meglio-sapere-cosa-stiamo-spalmando-sulla-nostra-pelle/

http://www.paleodieta.it/lucesolare.htm

http://it.health.yahoo.net/print.asp?id=16465