lunedì 22 dicembre 2008

Ancora sulla consapevolezza - dal punto di vista yogico

Fonte: yoga.it

 

Scegliere la consapevolezza

Come evitare la ripetizione di atti inconsapevoli seguendo la via della chiarezza

 

Se guardiamo indietro nel tempo e ripercorriamo la storia della civiltà, osservando quanto è accaduto nelle varie epoche del mondo, ci accorgiamo che gli accadimenti, le guerre, le distruzioni che periodicamente si sono succedute sono sempre state determinate dalla mente incolta dell'uomo.

Né all'interno della famiglia, né a scuola ci viene insegnato ad essere consapevoli dei nostri atti, ad osservare i nostri sentimenti, a trovare le radici della rabbia, dell'invidia, dell'odio. Cresciamo inconsapevoli, ignorando il significato della vita, pieni di presunzione e di egoismo, percorrendo un sentiero che porta al desiderio, all'oscurità e al dolore.

L'uomo nel corso della sua vita si trova davanti ad un bivio: una via porta alla chiarezza e alla conoscenza attraverso una disciplina interiore; l'altra alla ripetizione di atti inconsapevoli, a cui con il tempo non possiamo più sfuggire e che finisce per travolgerci.

L'inconscio dell'uomo è infatti colmo di semi karmici, derivati da esperienze passate tanto fisiche quanto emotive e mentali ed è condizionato da questi; la legge del karma è sempre in atto: ogni impulso, ogni sensazione, ogni atto scende nell'inconscio, per riemergere, sempre, in azione. Se questo meccanismo inconsapevole si ripete diverse volte, l'impressione mentale diventa samskâra, cioè «seme» o «predisposizione», ed acquisterà forza tale da influenzare le nostre azioni future, producendo in tal modo altro karma.

Nell'ignoranza, ogni attività incrementa il potenziale del deposito karmico che diventa sempre più minaccioso e determina il nostro agire. Ogni ripetizione rinforza il samskâra che premerà per riemergere, ad ogni occasione, più forte.

Ciascuna azione lascia nel nostro inconscio un segno indelebile come la pioggia quando, scorrendo sul terreno, forma dei rivoli; quando pioverà ancora, l'acqua scorrerà in quegli stessi solchi e troverà una resistenza inferiore. E il solco si farà più profondo.

Seneca affermava: «Volentes ducunt fata, nolentes trahunt», nel senso che si può arrivare alla comprensione e divenire in tal modo conduttori della nostra vita oppure essere travolti e distrutti dal nostro agire inconsapevole.

Tutte le azioni, anche quelle che crediamo ci portino verso la felicità, contengono in sè il seme del dolore, perché niente è eterno, tutto è mutamento, perché il nostro ego non si accontenta mai e, nonostante il nostro orgoglio, ci sentiamo fragili.

Gli atti che compiamo meccanicamente sono dettati dall'egoismo, dalla paura, dall'attaccamento, dalla disperazione, che ci rendono sempre più rigidi, incapaci di mutare il corso della nostra vita.

Come fare allora?

Ogni gesto compiuto o subito provoca in noi una «sensazione-reazione» che si deposita nel subconscio. Se non la fermiamo e non la osserviamo, scenderà nell'inconscio, come abbiamo detto, cioè in una zona che è fuori dal nostro controllo, pronta quindi a riemergere all'improvviso in un futuro più o meno lontano; l'istinto infatti non è altro che un'abitudine mai conosciuta, che si è stabilita nel nostro inconscio e che torna a palesarsi ad ogni occasione, e che accettiamo come parte di noi.

Anche gli animali hanno istinti, ma la loro mente non è in grado di distinguere cosa sia giusto o meno. L'uomo lo può fare, sempre ricordando però che le nostre valutazioni sono relative e fino a quando non avremo raggiunto una perfetta discriminazione, il nostro concetto di giustizia continuerà a modificarsi e ad ampliarsi. E' nel subconscio, cioè nel momento in cui possiamo avvertire le reazioni che l'esperienza provoca, che dobbiamo fermare e conoscere la nostra mente, ponendoci quelle domande che ci portano alla chiarezza («Perché ho avuto questa reazione? Come posso modificarla?» ecc.).

Questo processo ci porta ad una vita di consapevolezza e guardando le nostre reazioni distruttive, le nostre dipendenze, impariamo a conoscere e ad affinare gli strumenti di cui disponiamo per superare i nostri condizionamenti.

Occorrono però disciplina, costanza e la volontà di creare un'abitudine positiva di ricerca, di trovare spazi di riflessione giornaliera, intraprendendo un lavoro sistematico che porterà al risveglio del nostro potenziale di bene.

 

 

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